Da un certo punto di vista, è un gran peccato che l’epoca del vapore sia terminata: per andare a spanne, nell’Occidente il vapore va in pensione a fine anni ’60 per essere sostituito da forme di propulsione più sostenibili economicamente.
E ci mancherebbe, per carità.
Ma a guardare il solo lato del design, beh, sarebbe stata una goduria. Cosa avrebbero tirato fuori i progettisti in termini di aerodinamica, di utilizzo degli ingombri, di innovazione dei materiali se fossimo andati avanti… su questi binari?
Un piccolo indizio lo dà questo splendido prototipo Märklin del gruppo DB 10, una locomotiva capace di rubarti lo sguardo tra gli spigoli, le curvature delle paratie e quel suo rosso brillante nostalgicamente fuori dal tempo.
Vi raccontiamo la sua genesi.
Nel 1957 in Germania entrano in produzione e servizio i Cigni Neri, ossia le DB 10: si meritano il soprannome grazie alla loro forma slanciata, all’eleganza del design mastodontico, alle linee armoniche nonostante la stazza imponente. Ventisei metri e mezzo di lunghezza per circa 120 tonnellate di esercizio, eppure un corpo macchina sinuoso, in cui la dolcezza dell’insieme ingentiliva la brutalità dei quasi 1840 kW e dei 160 km/h di velocità massima.
Studiate per le lunghe percorrenze (1.000 km), le DB 10 erano alimentate una ad olio e l’altra a carbone con olio ausiliario.
Di DB 10 ne produssero due: le costruì l’azienda-regina dell’acciaio tedesco, quella Krupp che già negli anni del Nazismo aveva fatto affari con il governo tedesco e a cui il cambio di regime non aveva fatto poi questa gran differenza: di commesse ne arrivavano con Weimar, ne arrivavano con il Reich e ne sarebbero arrivate con la giovane Repubblica Federale.
Però, appunto, l’era del vapore aveva già intrapreso la china della decadenza, ed essa si rivelò più ripida del previsto: nel 1968 la carriera della DB 10 era già terminata.
Ma questo non significa che la storia delle DB 10 si arrestò con i modelli 001 e 002: entra qui in campo un’altra azienda, si passa dalla città di Essen alla Baviera.
Si passa dalla Krupp alla Krauss-Maffei, dal cigno nero al nostro diavolo rosso: la più potente locomotiva a vapore per treni espresso del suolo tedesco secondo qualcuno avrebbe dovuto avere maggior fortuna e più consistente discendenza.
E così tra la fine dei ’50 e l’inizio dei ’60 qualcuno chiese alla Krauss-Maffei di iniziare a ragionare su un prototipo, questo.
I requisiti erano di livello: 3.000 cavalli, velocità massima di 140 km/h con 600 tonnellate metriche al traino.
La Krauss-Maffei tirò fuori dal cilindro il prototipo di cui Märklin ha realizzato il modellino, che qui vedete in tutta la sua bellezza.
Prodotto nell’ottica del fermodellismo digitale ed ottimizzato con il decoder Digital mfx, che gli garantisce estese funzionalità sonore, il modello Märklin si muove grazie ai tre assi azionati dal motore.
Come d’abitudine, la fanaleria è completa e commutabile secondo il senso di marcia, e vi garantiamo che utilizzare qui sopra l’apparato fumogeno è una vera e propria libidine – per non parlare delle lucine sui passaruota che illuminano il rodiggio in marcia.
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