LA STORIA DELLA ARTUFFO E 570 TRIFASE – Gli anni d’oro delle locomotive a vapore iniziano a vedere la fine: già negli anni ’20 le ferrovie dei vari Paesi stanno valutando alimentazioni differenti dal carbone, carburante costoso e di non semplicissimo reperimento. L’approvvigionamento del carbon fossile, infatti, è soggetto a una serie di variabili non banali, che nei casi più estremi ha portato niente meno che a tensioni addirittura geopolitiche.
In un’Italia pervasa dalle spinte futuriste si comprende già la direzione che prenderà il domani: spostamenti rapidi, di massa, frequenti. E il carbone non basterà più.
L’INNOVAZIONE – Per questo, proprio dagli anni ’20, le Ferrovie dello Stato varano una serie di progetti che iniziano ad affrontare il problema-elettricità a tutto tondo.
Lo schema elettrotecnico di riferimento è l’alimentazione alternata trifase, che verrà applicata a un genere di motrici che saranno conosciute – per sineddoche – appunto come “Trifase”.
Se da una parte la tecnologia dell’alimentazione fa progressi, dall’altra non si intravede ancora la necessità di modificare altri aspetti della macchina motrice: perciò, le Trifase vedranno la luce con la trasmissione alle ruote ancora organizzata con un sistema di bielle. Il risultato sarà un ibrido che gli appassionati di ferrovie e fermodellismo conoscono bene: ruote rosse biellate sotto, pantografo a stanghe sopra.
UNA MOTRICE STORICA, SENZA MODELLINO – La locomotiva FS E.570 è un perfetto esempio di questo periodo storico: progettata nel 1925 per il trasporto merci, necessitava di un’alimentazione elettrica a circa 10.000 volt, a frequenza industriale.
Questa scelta (in verità obbligata) causò una serie cospicua di inconvenienti logistici e tecnici: servivano delicati e complessi impianti, per produrre questo genere di energia elettrica.
Ciononostante, le locomotive E.570 videro la luce, ed ebbero una durata in servizio di circa vent’anni.
Realizzata dal Tecnomasio Italiano-Brown-Boveri in quattro esemplari, la E.570 ricalcava la E.551: aveva cinque assi accoppiati di piccolo diametro, con la famigerata trasmissione a bielle.
I due motori asincroni erano alimentati con trasformatori ad olio, della potenza complessiva di oltre 2300 cavalli che lanciavano le 76 tonnellate della macchina a circa 50 km/h di velocità massima: per le merci, era una velocità sufficiente.
Siamo in presenza di una locomotiva storica per le Ferrovie italiane: certo, con una vita relativamente breve ed una diffusione limitata; ma fondamentale per il grado di innovazione che ha portato nella storia tecnica delle ferrovie italiane.
Il problema è che di un treno così importante non esisteva un modellino in scala H0 di adeguata fattura. Come fare?
CI PENSIAMO NOI – Forti della continuità storica e della nostra esperienza, nel 2013 abbiamo deciso di pensarci noi.
Del resto, arrivavamo da quasi 40 anni in cui avevamo concordato con Fulgurex, Lemaco e infine Lematec l’introduzione sul mercato italiano di trenini commissionati ad hoc, curando in prima persona la scelta dei modelli, i disegni, le correzioni e tutta la trafila commerciale.
Insomma, ci sentivamo pronti: così, decidemmo di affrontare il capitolo “Artuffo E 570 trifase”.
L’avremmo prodotta con il nostro marchio “Artuffo” in quattro modelli diversi, corrispondenti alla produzione reale.
Ve li presentiamo brevemente.
FS E 570.001 – È la prima motrice della serie, sia in grande sia in piccolo. Il locomotore reale fu collocato nel Deposito di Bussoleno, e la riproduzione si riferisce all’anno 1927.
Colorata di nero (cassa e avancorpi) e rosso (trolley, traversa anteriore, telaio e ruote), la Artuffo E 570 trifase modello 1 ha i fanali a petrolio, i tubi ad aria compressa di tipo alto, i respingenti conici e le targhe in bronzo.
Manca invece la data di revisione, perché il modellino (settato sulle impostazioni del ’27) riproduce una macchina… nuova!
FS E 570.002 – Abbiamo deciso di colorare il modello 002 “come sarebbe stato colorato” senza la Guerra.
In pratica, se l’Italia non fosse precipitata nella Seconda Guerra Mondiale, tutti i locomotori delle Ferrovie dello Stato avrebbero assunto la colorazione castano e Isabella che abbiamo scelto per questa versione.
Si tratta dunque di un falso storico? Non proprio: non ci sono prove, né in un senso né nell’altro.
Per quello che ne sappiamo, potrebbe benissimo esser stata apposta la colorazione sui gradienti del marroncino su una delle quattro Trifase serie 570; e per come la vediamo noi è importante avere una riproduzione modellistica di questa fase di passaggio: il momento di cambiamento delle livree insieme al momento di cambiamento del concetto di locomotiva, dal vapore all’elettrico.
Le condizioni storiche che abbiamo scelto per la 002 sono quelle del Deposito di Sulmona nel 1945: sui fianchi dell’avancorpo posteriore sono presenti due cofani bucherellati per i motocompressori ad aria, mentre la fanaleria è elettrica.
Le targhe sono color castano ed è presente (qui sì!) la data di revisione, avvenuta nel 1941.
La vera 002 avrà poi ancora un paio di anni di vita: nel 1947 verrà demolita in quel di Genova, a Pontedecimo.
FS E 570.003 – La Artuffo E 570 trifase modello 003 ha ancora la colorazione originale.
Oltre a una serie di dettagli “consueti” (trolley, respingenti, fanali, tubi bassi ad aria compressa sulle testate: tutti questi elementi ormai hanno raggiunto la loro morfologia definitiva), la 003 ha un design diverso per i due cofani laterali sull’avancorpo posteriore: ante apribili e non lamiere forate.
Altro dettaglio per osservatori attenti è la posizione del separatore d’olio, installato a destra anziché a sinistra.
Le condizioni di utilizzo sono quelle del Deposito di Sulmona, anno 1938: la targa rossa e la data di revisione (21.10.37) sono state riprodotte sulla base delle foto d’epoca, che gli appassionati conoscono alla perfezione.
FS E 570.004 – L’ultimo nostro modello si riferisce alle condizioni di utilizzo del 1928, quando la 004 era in fase di collaudo sulla Torino-Bussoleno. Niente data di revisione, quindi, ma un sacco di altri dettagli: colorazione “classica” rossonera, con il dettaglio del tetto dipinto in minio antiruggine. I trolley sono quelli di origine, con alberelli porta archetti e cavi interni, e i cofani laterali contengono i due motocompressori. Non le batterie, che nel 1928 devono ancora arrivare. Questa motrice ebbe una vita breve e sfortunata: dopo soli 10 anni di utilizzo sulla Roma Prenestina (depositeria di Sulmona) fu vittima di un incendio, che la danneggiò irreparabilmente. Fu demolita nel 1938.
LA VERSIONE DORATA – Per chi volesse un pezzo da collezione davvero lussuoso, poi, Artuffo ha realizzato una versione della Artuffo E 570 trifase in ottone massiccio verniciato d’oro.
È un oggetto bellissimo: coniuga la precisione storico modellistica estrema che abbiamo preteso per ogni nostro modello ad un’estetica regale, importante, appariscente.
La verniciatura dorata esalta il dettaglio, provocando rimbalzi di luce impossibili con le verniciature “classiche”: la capacità di penetrazione della luce nei singoli anfratti permette di apprezzare il lavoro di precisa rifinitura fin nei più piccoli anfratti.
Un godimento, per gli appassionati di fermodellismo.
Caro Giovanni stupisci sempre nel descrivere accurate precisazioni sul modello .. nel descrivere i dettagli di ogni singolo pezzo ..una qualità riconosciuta solo da Artuffo un vero caposaldo nel fermodellismo d’autore .. entrando nel negozio si assapora un’aria di negozio di un tempo che ti porta la mente a navigare quando nelle vetrine comparivano pezzi da urlo come lemaco 428,326 , tutti i trifase per poi arrivare alla produzione propria che è un proseguo della qualità delle marche blasonate già citate bravi complimenti Giovanni e nonno Giuseppe
Meraviglioso questo rifacimento di un modello che non conoscevo. Un’opera d’arte. Grazie per la interessantissima lezione di storia delle ferrovie narrata con dovizia di particolari. Complimenti!