La Stampa parla di Artuffo: ecco i due articoli su di noi

Articolo 16 aprile 2017 Artuffo Paolo Coccorese
La Stampa, 16 aprile 2017: il nostro pezzo è quello a sinistra

La Stampa è il giornale della nostra città: venduto in tutta Italia, certo, ma scritto e pensato da e per Torino.
I torinesi le sono legati, anche se la leggono meno di un tempo; anche se in dialetto le affibbiano il nomignolo di “La Busiarda” – che certo non necessita di traduzione. Eppure, anche qui, emerge l’affettuoso distacco che il piemontese dedica alle cose cui tiene veramente. Per rispetto, per disincanto, per – termine chiave, da queste parti – pudore.

Al di là della sociologia da quattro soldi, La Stampa è un giornale dal prestigio indiscusso. Ed è stato per noi un orgoglio immenso finirci sopra per ben due volte negli ultimi mesi.
Tutto questo grazie all’attenzione di Paolo Coccorese, rampante cronista di circoscrizione che batte in lungo e in largo le strade del nostro quartiere: due articoli di Paolo sono usciti sulla Stampa il 16 aprile e il 15 agosto 2017.
Li riportiamo qui sotto, per ricordo e per dare la possibilità a tutti di leggerli. Parlano di noi, della nostra storia e del nostro impegno.

logo la stampa

IL NEGOZIO

i trenini elettrici qui sono di casa da un secolo

C’è un isolato di corso Giulio Cesare dovei passanti non corrono o camminano con lo sguardo fisso sullo smartphone. C’è un marciapiede, uno dei pochi della Barriera di Milano in cui anche i negozi sembrano soffrire di incuria, dove c’è una vetrina che fa arrestare il passo, aguzzare lo sguardo, e, in fondo, fa sentire ancora un po’ bambini. È quel centimetro di quartiere dove da 98 anni svetta l’insegna dipinta a mano con la scritta dorata di “Artuffo”.vetrina negozio artuffo

Bottega più forte delle avversità: una guerra mondiale, la crisi economica e la rivoluzione sociale della periferia nord. “Più che un negozio, il nostro è uno spazio per appassionati di modellismo”, dicono da dietro il bancone.
Assomiglia ad un tavolo da pranzo in un giorno di festa con le tre generazioni di una stessa famiglia, dal nonno al nipote, impegnati a far funzionare la bottega – specializzata nel settore ferroviario – più longeva d’Italia.

Oltre seimila pezzi. Droni, navi, aeroplanini, automobili. E, soprattutto, trenini. Di tutte le forme, scale, periodi storici. Spesso tedeschi, della Märklin. Da far correre sui binari di salotti trasformati in stazioni, o da tenere nascosti nell’armadio come gioielli. Passione di ieri e di oggi per i bambini di ogni età.
Senza paura dell’innovazione: in vendita c’è anche la centralina, simile ad un joystick, che trasforma l’andirivieni delle vetture elettriche in un videogame.

“La cosa più bella è vedere i bimbi di 4-5 anni che entrano in negozio in compagnia dei nonni. Il modellismo è una passione che, nell’era dei computer, unisce”, dice Giovanni Lampitelli, 32 anni. È il proprietario di questo negozio fondato dal bisnonno. Si chiamava Giovanni Artuffo, langarolo e gran venditore. La Famiglia ArtuffoAprì un bazar oltre la cintura daziaria per evitare l’aggravio delle imposte dei dazi. “Vendevamo tutto: dalla carta igienica ai casalinghi. Passando, ovviamente, per i giocattoli”, dice la memoria storica, il figlio del fondatore, Giuseppe Artuffo, classe 1931.

Uomo di altri tempi che decise di specializzare il negozio nel modellismo: sono tanti gli appassionati che continuano a fare la spola qui. Il compianto Michele Ferrero, il creatore della Nutella, veniva qui per gli aeroplanini. Come quei clienti, spesso facoltosi, che preferiscono mantenere l’anonimato anche quando fanno le ordinazioni.
E il futuro? “Puntiamo all’e-commerce – dice Lampitelli – ma manterremo il negozio in corso Giulio. Siamo un riferimento per i clienti di tutta italia. Con loro abbiamo un rapporto speciale: anzi, famigliare”.

(La Stampa, 16 aprile 2017)

http://artuffo.com/

Sulle saracinesche murales su misura

“Contro il degrado”

I negozianti: con il colore le salviamo dai graffiti

Le incursioni di colore sono contagiose. Come in piazza Foroni dove il primo a cancellare anni di scritte e ruggine dalle sue due serrande è stato il macellaio, Massimo Aiello.
A ottobre, ha rifatto il look alle saracinesche della bottega Costa commissionando ad un giovane artista un murales che è diventato il suo biglietto da visita. «Stanco di attendere che qualcuno facesse qualcosa per rendere più bello il quartiere – dice -, ho deciso di darmi da fare. E ho abbellito questo angolo di Barriera di Milano».
Ha fatto disegnato il fumetto di un toro e un Piemonte tricolore. Graffito che ha convinto anche i vicini del pastificio Profeta a colorare le proprie saracinesche convinti anche per un altro motivo: decorandole in questo modo si evita che qualche writer possa attaccarle con uno dei tanti graffiti abusivi che hanno deturpato molti angoli di città.

I murales da saracinesca sono fatti su misura. E servono a raccontare il negozio, la sua offerta merceologica e la sua storia.
Quella di Artuffo è lunga un secolo. Il negozio di modellismo di corso Giulio Cesare è nato nel 1919 quando della street-art non se ne prevedeva neanche la nascita. «Abbiamo sempre voluto preservare il nostro passato. Per questo, vogliamo ristrutturare la nostra insegna nera e dorata che in città è un pezzo unico» spiega Giovanni Lampitelli, il proprietario di una bottega che non ha avuto paura di affidare le sue saracinesche ad un giovane appassionato di street-art.
«Le abbiamo disegnate per renderle più belle – aggiunge -. Con la speranza che nessun altro writer possa prenderle di mira».

Articolo 15 agosto 2017 La Stampa Artuffo Paolo Coccorese
La Stampa, 15 agosto 2017

L’incubo di tutti i negozianti si chiama «tag». Che è la parola che indica la firma di un writer che si contende a colpi di bombolette spray la città: strada per strada.
E, ovviamente, saracinesca per saracinesca.
Quando non sono disegnate e colorate come nel caso del negozio di modellismo sono una “tela” troppo ambita per loro. La riprova è in corso Giulio Cesare. A pochi passi da Artuffo, la vicina boutique di abbigliamento da due anni ha le serrande imbrattate da una scritta «Ohc» in versione extralarge.

Ma dietro le saracinesche artistiche c’è molto di più. Anche idee imprenditoriali come quella di Urban decorations, una start-up romana sbarcata in città per diffondere la streetart sulle serrande. Come a Barcellona dove quelle colorate sono un’attrazione turistica.
«Decorare una saracinesca vuol dire: offrire una pubblicità a basso costo alle attività, costruire un deterrente contro i vandalismi e spingere la riqualificazione del quartiere», dice la responsabile, Lucia Traina.
Il prezzo? Il budget dell’intervento si aggira intorno ai 300 euro e prevede la creazione di un progetto grafico ad hoc. E comprende anche un’assicurazione anti-tag di due anni.

(La Stampa, 15 agosto 2017)

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