Il plastico di Buzzaceto, capolavoro “alpino” della bassa emiliana

Come sapete, sulla nostra pagina Facebook ogni tanto raccogliamo i video dei nostri amici, reali e virtuali: è sempre bello pubblicare i lavori di modellisti esperti, appassionati e raffinati.
Nei casi migliori, questo o quel plastico sono talmente sbalorditivi che ci viene voglia di approfondire: prendiamo il telefono e facciamo due chiacchiere con gli autori di quelle meraviglie. Dopo aver raccontato il plastico-monstre di Amanzio Segatori, un nostro follower ci ha scritto: “Ma avete mai sentito parlare di Buzzaceto???”.
Buzzaceto?
Sinceramente, mai.
Così ci siamo messi alla ricerca su Internet, su cosa fosse mai questo diamine di Buzzaceto. Un tizio? Un paesino con un plastico fisso? Ed è saltato fuori questo.

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Sinceramente, un capolavoro: a firmarlo, il modenese Guido Nannini. Uno che se si mette a fare una cosa, la fa bene, ma bene sul serio. Sta di casa a Campogalliano, 8.000 anime nella bassa emiliana: un paesino nella prima cintura di Modena confinante con Saliceto Buzzalino – e non serve essere Bartezzaghi per vederci nel nome un anagramma proprio di “Buzzaceto”.

Il progetto-Buzzaceto è nato nel 2009, quando Guido ha ripreso in mano una sua passione d’infanzia. “Sai come vanno queste cose: uno da bambino ha una grande passione, poi cresce e arrivano la moto, le ragazze, i viaggi, la famiglia. Però le cose che ti piacciono restano lì, a covare sottopelle, e basta poco per riaccenderle. A me è capitato quando avevo 44 anni, nel 2009: vado a cena da un amico e questo è tutto incistato per i trenini elettrici Märklin, me ne parla in lungo e in largo, mi fa vedere il plastico e… e niente, mi ha fregato, ci son ricascato”, racconta col sorriso nella voce.

Il render del plastico di Buzzaceto, preso dall'alto.
Il render del plastico di Buzzaceto, preso dall’alto.

Buzzaceto, come si accennava prima, è un nome di fantasia per un paesino che non esiste: ipotetico villaggio alpino di frontiera, è stato il campo di esperimenti di Guido per allestire il suo plastico prima in stile misto, italiano e tedesco, e poi solo italiano.
“Il mio nuovo progetto, iniziato nel 2012, mira a costruire uno scenario di fantasia verosimile: voglio realizzare un plastico Märklin in stile completamente italiano, ed è una bella sfida. Come tutti sanno, infatti, Märklin è forse la casa modellistica con maggiore qualità e rispetto del dettaglio, ma ha un problema: non va molto d’accordo con la storia ferroviaria italiana, perché sono logicamente più concentrati su modelli di sapore germanico. Questo mi costringe a fare i salti mortali, e ad adattare il materiale rotabile alla corrente alternata, cosa che non è sempre un gioco da ragazzi”.

Una vista notturna di Buzzaceto
Una vista notturna di Buzzaceto

Raccontare tutto il plastico di Buzzaceto in un solo articolo è complicato: lo stesso Guido, in effetti, tiene aggiornato un blog in cui racconta passo passo i progressi del suo progetto: “Sono molte le cose costruite interamente da me: dopo sei anni di lavoro non credo di aver raggiunto la metà del progetto.
Fortunatamente la ‘seconda parte’ dei lavori è più agevole, e conto di sbrigarmela in altri due-tre anni: mi impegnerà soprattutto la realizzazione della linea aerea in stile italiano, e poi i segnali, la stazione, la massicciata come si deve…”.

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Non si nasconde di fronte all’accusa di pignoleria: “Beh, ma noi modellisti dobbiamo esserlo: e se vuoi saperla tutta, sto anche peggiorando!
Meticoloso lo sono sempre stato, ma l’esperienza nel realizzare plastici mi sta facendo alzare l’asticella: man mano che lavoro imparo tecniche nuove, e sono sempre più esigente rispetto al risultato, al punto di storcere qualche angolo della bocca nel rivedere qualche mia soluzione di alcuni anni fa. Mi metto subito a pensare ‘ecco, questo bisognerebbe rifarlo per renderlo davvero perfetto’. Insomma, non se ne esce!”
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La ALn 668 sbuca dalla Galleria della Querciola sul plastico di Buzzaceto.
La ALn 668 sbuca dalla Galleria della Querciola sul plastico di Buzzaceto.

Nannini è affascinato più dalla costruzione complessiva che dai rotabili, ma fa un’eccezione: “La mia loco preferita è una loco anni ’80, la ALn 668: è l’automotrice di quando ero bambino, che correva sulla interregionale Modena-Carpi-Mantova-Verona. Il mio modello è un Vitrains, automotrice più rimorchiata, che ho convertito in AC”. Un treno conosciuto, che gli ricorda i pomeriggi passati col nonno alla stazione di Modena: perché, come ripetiamo spesso, i trenini sono un modo per conservarsi bambini, ricordare i momenti meravigliosi dell’infanzia e le persone che ce li resero tali.

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